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"La vita come la cultura è fatta di continuità, rotture, salti; la vita-cultura è anche figlia del suo tempo come questo testo è figlio del tempo in cui viene scritto e cioè quello della Cina e delle Olimpiadi di Pechino. Difatti, se la vita-cultura è fatta di continuità, strappi e salti bisogna prendere la rincorsa e quindi arretrare per saltare il più lontano possibile. Perciò la prima rincorsa la prendo arretrando fin verso la fine degli anni ottanta, quando, al termine di ciò che lo storico Eric J. Hobsbawm ha chiamato il 'secolo breve', si apriva il primo processo di aggiornamento dell'Unione Sovietica, primo grande colosso comunista, che allora tra perestrojka (aperture politiche) e glasnost (aperture culturali); cominciava un amarcia di liberalizzazione. In quel momento di passaggio dalla postmodernità alla globalizzazione, la capacità dell'arte di poter essere utilizzata come veicolo di propaganda appariva chiaro. Tale capacità non era più quella quella dell'arte del Realismo Socialista, ma della nuova arte che affondava le radici nelle avanguardie di inizio secolo. L'Unione Sovietica iniziava a servirsi dell'arte che aveva vietato per mostrare il nuovo volto del nuovo corso. [...]" Giacinto di Pietrantonio