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Dieci anni prima di pubblicare "I fiori del male", con "La Fanfarlo" (1847) Charles Baudelaire mostra di avere tutte le doti del narratore di razza, educatosi in particolare sulle letture di uno scrittore da lui amatissimo come Honoré de Balzac. Ma nel protagonista del racconto, Samuel Cramer, non è difficile ravvisare alcuni tratti personali dello stesso autore; anzi, in un certo senso, è come se Baudelaire vi si parodiasse: quasi a sottrarsi a quel tanto di naïf e di fittizio intessuto tutt'intorno a una falsa idea di poeta. Se Baudelaire è davvero il primo poeta della modernità, è anche e proprio per uno spirito critico che non arretra di fronte a nulla, neppure, e ancora di meno, di fronte a se stesso. Al di là della piacevolezza narrativa dello strano, e quasi comico, triangolo dei tre protagonisti - oltre a Cramer, i due personaggi femminili: la signora di Cosmelly e la ballerina Fanfarlo - questo racconto si presenta dunque anche come la precisa messa a fuoco di una poetica, come rivelava già Jean-Paul Sartre: «La Fanfarlo, opera di prima giovinezza, lascia stupefatti: tutto è già lì, le idee e la forma».