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"Non ha senso perdere la testa quando si parla di affari". Questa frase, detta al proprio innamorato da una delle protagoniste di questo racconto - una delle "eroine" della piccola città di Plumplington -, riassume o meglio ancora svela l'ironico leitmotiv dell'intera vicenda narrata. Infatti, eroi e antieroi qui si assomigliano molto, e si differenziano soprattutto per i diversi ruoli sociali, che li obbligano a macchinose strategie per tentare di imporre la propria volontà. Nessuno sembra fare eccezione, neppure l'influentissimo dottor Free-born, che parteggia sì per le due ragazze che vorrebbero sposare i loro spasimanti contro la volontà dei rispettivi padri, ma che a suo tempo aveva pensato bene di dare in moglie le proprie figlie ad uomini cui non mancava alcuna delle caratteristiche di 'censo' pretese dai genitori delle due eroine - ed ora da lui giudicate assurde o persino ridicole. Tutto il racconto, insomma, si basa su una sorta di 'gioco delle parti', dove la 'parte' forse più cospicua la gioca l'epoca in cui la storia è ambientata: l'epoca di Trollope, quell'età vittoriana che prese il nome dal lungo regno della regina Vittoria (1837-1901). 'Epoca vittoriana' oggi è quasi divenuto sinonimo, sotto certi aspetti, di 'ipocrisia sociale'; il racconto di Trollope permette di penetrare più a fondo le ragioni di questa 'ipocrisia', mettendoci a contatto con una realtà sociale cristallizzata a tal punto da offrirsi come rituale cui, volenti o nolenti, nessuno si può sottrarre.