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Il Cavalier Giovanni Agnelli, fondatore della Fiat, è stato definito 'eroe solitario ed enigmatico del capitalismo italiano'. Pensieroso e solo lo vede anche un funzionario di polizia incaricato di pedinarlo per le strade di Torino nel 1920, mentre la città è teatro di violenti scontri sociali. Estromesso dalla 'sua' azienda, dove un centralino risponde anonimamente "Fiat-Soviet", nelle sue passeggiate solitarie il Cavalier Agnelli ripercorre geometrie urbane, luoghi storici della memoria, simboli della cultura della sua Torino, confrontandosi con l'enigma di come ritrovare una ragione per tornare a dirigere un'industria che la guerra ha sfigurato e ingigantito, e a cui i tempi impongono di cambiare. Il Cavaliere aveva infatti considerato il proposito di trasformare la Fiat in una cooperativa e aveva progettato di dimettersi dalla sua guida. L'autore mette in scena una città, e atmosfere e problemi che, al di là delle molte diversità tra quel tempo e il nostro, sono ancora attuali. Un appassionato 'viaggio', dunque, che forse più di qualsiasi altra opera illustra la solitudine dell'imprenditore davanti ai grandi eventi della storia e alle responsabilità del comando. Almeno fino a quando l'impresa fa riferimento a un uomo e a una famiglia, e non a un'anonima multinazionale nelle mani di managers lontani da legami con una città e con la società.