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Forse niente più di una malattia lenta e avvolgente può provocare una prorompente voglia di vita, un desiderio di 'normalità' e insieme di evasione che spezzi l'angusta cornice di giornate tutte spese all'interno di un sanatorio. Per questo il sanatorio non è soltanto il luogo cupo della malattia e della cura, è anche una sorta di microcosmo esemplare, come possiamo vedere in questo breve romanzo di David Vogel del 1925, che non a caso segue a un solo anno di distanza il capolavoro di Thomas Mann "La montagna incantata". Se apparentemente siamo molto lontani dal paesaggio idilliaco della Costa Azzurra che ambientava "Davanti al mare" - l'altro romanzo breve di Vogel pubblicato in questa stessa collana - in realtà ritroviamo anche ne ha cascata la forza e la suggestione della natura, ingigantite anzi perché sembrano rappresentare il polo opposto della vita costretta del sanatorio, come se i maestosi scenari alpini che lo circondano non potessero che incombere sul destino dei suoi ospiti. E quello che accade al protagonista Irme Ornik, la cui principale occupazione, e preoccupazione, è di guarire al più presto e andarsene: si prova la temperatura ogni due ore, è terrorizzato dal vento gelido che spira dalle cime del monte Mendel... Ma il destino ha in serbo per lui qualcosa di diverso, qualcosa di imprevisto e di imprevedibile.