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"Lingua fatta di lingua, la poesia di Giovanni Commare, di lingua mescidata di lingue, echi, rimandi, detriti, relitti, assilli rotazioni tormentoni di senso che si fanno di nuovo parola, magari anche parola d'amore. È un libro ottimistico, sereno, divertito. Ma c'è un fatto che condiziona l'allegria linguistica, e le imprime un viraggio tragico, ed è la guerra, l'endemica guerra mondiale. Una allegria di naufragi allora, dentro i vocabolari. Ma non è un gioco linguistico. Né potrebbe esserlo. È solo un'altra strada per tornare alla casa della lingua, del senso, del sentimento, fors'anche della passione. La sillabata parola è stata sfrattata, non ha più stilizzata dimora. E di linguaggi sontuosi di tradizione non è più il caso di dire. "Stare dentro i fatti è la necessità" e "molti raccontano in modo diretto". Due sintagmi per enunciare la nuova situazione della parola scossa e rinnovata dei nostri giorni ..." (dalla prefazione di Marino Biondi)