Tab Article
A Milano, un altro realismo aveva cominciato a scavare sentieri rupestri sui volti e nei cuori di uomini affranti. Il Realismo esistenziale di Vaglieri, Romagnoni, Ferroni, Ceretti, Bodini, Banchieri, Guerreschi aveva iniziato ad arrotare coltelli da mattatoio per affettare le scene del loro scontento. Dalle macerie del secondo conflitto, uscirono sussurri e grida di una generazione di autori che, raccogliendo i modi di una pittura sociale avviata da Migneco e poi da Brindisi, ne fecero una forma di testimonianza viva e patita. Confluirono nel loro istinto grafico molte influenze: il lascito dell'Espressionismo tedesco o del Realismo messicano, i margini neri, tetri e aguzzi di Sironi e le ricerche parallele dei colleghi francesi del gruppo La Ruche. Ciò che li distingueva da tutti - nei loro squarci di quotidianità disperante, interni rustici, corpi feriti, banchi lividi di macelli, oggetti di una mediocrità spietata - non era tuttavia la semplice adesione sentimentale alle tragedie dell'umanità, ma la profonda comprensione storica di ogni evento. Il loro essere dentro la storia, dentro le miniere, nei campi riarsi della Sicilia, sul fronte di ogni guerra reale o psicologica, fra le vittime di ogni violenza corale o domestica, li poneva in una posizione di analisi privilegiata, facendo delle loro stesse opere un'arma d'accusa, una prova incontrovertibile.