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La città di Palermo, all'indomani della dura repressione di Messina, l'eterna sua rivale ribellatasi alla Spagna (1678), vive i fasti di unica capitale del Viceregno di Sicilia. Questo libro dà ampiamente conto dei suoi "giorni d'oro", delle "meraviglie" di una produzione artistica raffinata e di tutto rispetto - d'uso e arredo liturgico o pertinente alla grande decorazione ecclesiastica o privata -, in un momento davvero particolare di felice interazione e connubio fra le arti, quando all'architetto ideatore e di grido, quale fu per esempio Giacomo Amato rientrato da Roma, si affiancano nell'elaborazione di un'opera valenti disegnatori, abili stuccatori, scelte maestranze di orafi, corallari, ebanisti, intagliatori, tutti interpreti congeniali delle sue invenzioni. Primo fra tutti Giacomo Serpotta, cui spettò il grande merito d'aver rivoluzionato l'arte dello stucco, facendolo assurgere alla stessa dignità del marmo, e d'aver dato elegante e candida veste decorativa a chiese e oratori. Amato e Serpotta si avvalsero fra l'altro della sinergica collaborazione di pittori/incisori della portata di un Pietro Aquila o di un Antonino Grano, capaci di tradurre le idee progettuali in schizzi, disegni, elaborati grafici via via sempre più dettagliati da consegnare alle varie maestranze per l'esecuzione. Grazie ai recenti interventi di restauro, tanti monumenti serpottiani in città sono stati restituiti al loro antico splendore: questo libro racconta della fitta rete relazionale di committenti d'eccezione, artisti aggiornati e valenti maestranze che ne hanno reso possibile la realizzazione.