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Ripetete un nome, mettete in fila decine di servizi televisivi che dicono le stesse cose inserite in un tema che suscita pena e paura, rabbia e indignazione, attrazione e repulsione. Il risultato è inquietante: dici Lampedusa e (quasi) tutti mettono in atto un'associazione mentale con gli sbarchi, gli scafisti, le imbarcazioni tirate in secco e abbandonate come monumenti allo sconforto, le mascherine e i guanti di lattice dei soccorritori, gli occhi ancora impauriti dei migranti. Per contrapporsi a tutto ciò e far emergere un'immagine di Lampedusa a tutto tondo non bastano altre parole, bisogna ricorrere al linguaggio acuto e intrigante di una fotografia che sappia indagare senza fermarsi alle prime impressioni e possa comunicare senza retorica. Lo fanno Raoul Iacometti, Alvise Crovato e Francesco Rocco, i tre fotografi che hanno lavorato con lo stesso obiettivo quello di dar vita al progetto pensato con trepidante passione da Monica Olivero - ma con metodi e sguardi differenti seppur non contrapposti. La scelta è stata voluta per far convergere queste diversità in quello che qui si presenta come un caleidoscopio di sensazioni.