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La figura e l'arte di Vittorio Consonni (Petosino, Bergamo, 1956) sono uno straordinario esempio di come esista e si alimenti la cosiddetta "leggenda dell'artista". Isolato, solitario, abitante di un atelier (una ex fabbrica di gres non lontana da Bergamo), per oltre vent'anni ha lavorato con tranquilla dedizione al suo lavoro di artista. Gli interessa poco l'agone mercantile, la fama non è un suo obiettivo - se viene, bene, se no non importa - e la ricchezza neppure: ha soltanto bisogno di potersi esprimere. Esprimersi ha la stessa radice di espressione e questa a sua volta ha fatto coniare il termine di "espressionismo": si può dire che la sua pittura sia "espressionista"? O piuttosto che sia "informale"? In entrambi i casi si rischia di rinchiudere in un tempo storico ciò che è un'attitudine - in questo caso assolutamente individuale - che istintivamente si manifesta secondo i canoni che la storia dell'arte ha definito "espressionisti" o "informali". Il volume, a cura di Marco Meneguzzo, è la prima pubblicazione organica dedicata all'artista che consente al grande pubblico di conoscere una realtà nascosta, un pittore che ha tutti i crismi dell'artista romantico così come la "leggenda" sull'arte ci ha abituato a considerare il lavoro creativo, le sue pulsioni, i suoi metodi.