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Oriente: appena di là del nostro mare, l'orizzonte si spalanca. Deserti, carovane, oasi, luce accecante e calda, confini senza limite nei quali il passaggio dell'uomo è una traccia casuale e fugace. E poi, ancora oltre, villaggi, mercati, moschee, cortili e terrazze, le rive del Bosforo, strade percorse da donne velate, da uomini dai costumi multicolori. Addentrandosi ancora più a fondo, con la fantasia laddove l'accesso è vietato, ecco infine il mondo femminile, misterioso e segreto, degli harem, degli hammam, le alcove delle odalische, corpi morbidi e invitanti, la magia della danza, occhi nerissimi. Oriente, vicino in fondo, eppure così inconoscibile e diverso per l'uomo europeo dell'Ottocento, quasi un miraggio di paradiso, un mondo sospeso fuori dal tempo, dalla modernità che incalza, dalla corruzione della civiltà e del progresso. Oriente reale per i tanti artisti, scrittori o pittori che vi si sono recati, superando le fatiche e i disagi del viaggio, ma anche Oriente solo sognato, ricreato in atelier tra tappeti persiani, bacili in bronzo, pugnali intarsiati e ceramiche, perché "l'immaginazione è più vera di quanto si pensi", come scrisse uno dei più sensibili pittori italiani del secondo Ottocento, Domenico Morelli, che mai si mosse dal suo studio napoletano. In un gioco di specchi, tra immaginazione, avventura, desiderio di conoscenza e sogno di trasgressione, ecco dunque la pittura d'Oriente, una "moda" avviata già nel Settecento che esplode nell'Ottocento positivista e romantico.