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Olimpia Ferrari (Roma, 1980) usa la fotografia per interpretare la memoria e la ricerca dell'identità. Nei suoi ritratti multipli - in cui volti umani si mescolano tra di loro, creando strati sovrapposti - si avverte una forte tensione tra anonimato e individualità: il privato è nascosto dietro il pubblico e il senso di identità diventa il prodotto di una manipolazione. In questa stratificazione prodotta dall'artista - il cui spunto è nato da un'osservazione del riflesso del proprio viso sullo schermo acceso di un televisore - emergono inoltre la miriade di fantasie, eventi e connessioni presenti nel cumulo di immagini depositate nella nostra mente.