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A novant'anni dalla morte, Pavia rende omaggio a Ezechiele Acerbi (1850-1920) con una mostra e un catalogo che raccolgono oltre settanta opere provenienti dai Musei Civici e da alcune collezioni private lombarde, per raccontare il percorso del pittore tra Realismo e Naturalismo: ritratti e autoritratti, paesaggi, scene di vita domestica, dipinti con uno stile sciolto e dinamico, più attento ai valori del colore, schiarito e brillante, che non a quelli del disegno e delle rifiniture formali. Dopo aver studiato alla Scuola di Pittura Pavese, sotto il magistero intelligente e rigoroso di Giacomo Trécourt, Acerbi non solo sa padroneggiare il modellato e la composizione, ma soprattutto riesce a far cantare la tavolozza alla ricerca di accordi cromatici originali e innovativi, dando prova di una "franchezza di tocco" riconosciutagli già da Tranquillo Cremona. Dopo il fecondo soggiorno milanese, ricco di incontri stimolanti e di commissioni di prestigio (specie per i ritratti), di scambi culturali con l'ambiente scapigliato e dei pittori braidensi, Acerbi ritorna a Pavia e, appartato, dall'inizio del nuovo secolo si dedica quasi esclusivamente alla rappresentazione del suo microcosmo familiare e del paesaggio, sia quello fluviale del Ticino, sia quello dei boschi e della campagna padana.