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Caravaggio era solito dire che la stessa abilità ("tanta manifattura") era necessaria "a fare un quadro buono di fiori, come di figure". Da queste parole, che, muovendo contro la gerarchia ormai codificata dei generi pittorici, sostengono in modo rivoluzionario la dignità di ogni aspetto del reale, anche il più minuto, la mostra prende spunto per illustrare il rapporto di attrazione e di sfida che un soggetto particolare, i fiori, mantiene per i maggiori artisti del Seicento, al di là di ogni specialismo. In quel momento storico il rapporto diretto col vero si coglie al livello più alto nei misteriosi "Fiori in una fiasca impagliata" dei Musei di Forlì, un dipinto che si carica, forse proprio per la sua apparente semplicità, di forti valenze simboliche. La sua tormentata vicenda attributiva, tuttora irrisolta, sta probabilmente a indicare che il suo autore non era forse un pittore "di fiori", bensì un artista che si cimenta eccezionalmente in questo campo, un po' come avvenne nel caso di Caravaggio. Vedere oggi quel quadro accanto ad alcune significative opere assegnabili ad altri artisti ai quali il dipinto di Forlì è stato attribuito nel passato permetterà non solo di ripensarne meglio la data e il contesto, ma anche di comprendere la forza di attrazione che il nuovo genere della natura morta dovette rappresentare per i maggiori artisti del tempo.