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Con la "cultura della materia" del Costruttivismo e il "polimaterialismo" dei futuristi, intorno agli anni venti del secolo scorso nacque una concezione del quadro e della pittura che rinunciava consapevolmente ai colori e alla tela. Nell'Italia degli anni cinquanta seguì la dissoluzione e la distruzione estetica del quadro su supporto; sì giunse addirittura alla separazione tra quadro e supporto, una trasformazione che sarebbe stata gravida di conseguenze per il successivo percorso della storia dell'arte occidentale. Non solo gli artisti italiani d'avanguardia rinunciarono a raffigurare il mondo oggettivo, ma sì astennero dall'uso degli strumenti tradizionali della pittura, vale a dire la tela e i colori a olio. La tela fu tagliata e perforata, compressa, sovrapposta in strati, inarcata nello spazio e dilatata. Questi lavori non sono più "quadri"; essi mostrano solo la tela in sé. In seguito si giunse a sostituire la tela con altri supporti, come fogli di plastica, legno, metallo, marmo o cemento. Si compiva così il passo che, a partire dal quadro e dal colore, portava all'opera materica. Questa consentiva il nascere di nuove relazioni tra "quadro" e osservatore. Dall'uso del metallo e di altri materiali riflettenti scaturirono i fenomeni ottici da cui ebbe origine la Op-art. I fluidi usati con funzione cromatica, il movimento rotatorio della limatura di ferro etc. diedero vita al quadro-oggetto mobile o movibile dell'Arte cinetica.