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Il videotape, come "medium" e "linguaggio", è entrato da tempo in quella che Rosalind Krauss ha definito "condizione postmediale". L'obsolescenza tecnologica del videotape ha riportato una forte e inedita attenzione alla sua dimensione artistica. Infatti, la progressiva e irreversibile cancellazione delle immagini dei "videotape d'artista", dovuta alla degenerazione del nastro magnetico, ha posto e pone una serie di problemi interrelati e finalizzati alle pratiche di "recupero" (di preservazione e di conservazione) non solo materiale, fisico, ma anche culturale, sia in chiave storica che estetica. Tale pluralità di problemi è qui affrontata attraverso "art/tapes/22" che è stato un centro di riferimento per la nascente videoarte in Europa: le opere che lo comprendono non solo presentano in nuce, sul piano tecnologico e sul piano linguistico, i tratti distintivi della video arte, ma evidenziano anche come esse siano una "campionatura" rilevantissima della presenza del videotape nella pratica artistica tout court. Le opere art/tapes/22 costituiscono una sezione trasversale e interdisciplinare delle arti contemporanee della prima metà degli anni settanta e testimoniano la formazione della video arte, contestuale alla presenza della pop art, del minimalismo, dell'arte povera, dell'arte concettuale, di fluxus, del lettrismo, dell'happening, della land art, dell'environment, della body art, della performance art, della digitai art.