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Gino Marotta (Campobasso, 1935) armonizza nelle sue opere industrial design e architettura, esplorando il rapporto tra naturale e artificiale, secondo dettami scientifici e tecnologici. La materia che compone le sue opere ne è parte integrante. Lo dimostrano i "Metacrilati", così chiamati dal composto chimico utilizzato, che generano un dialogo tra il mondo biologico e la sua ricreazione (o sostituzione?) in laboratorio. Protagonista delle avanguardie italiane sin dagli anni cinquanta, l'artista realizza a cavallo tra gli anni sessanta e settanta opere in cui natura e storia dell'arte sono trattate con una parafrasi tecnologica. Il metacrilato sembra sondare le possibilità di sopravvivenza della stessa natura nel contesto urbano, la scultura si trasforma in un'interpretazione "progettuale" di acqua, antichi dipinti, foreste o alberi. Ambienti fatti di luce e vuoto e presenze cromatiche spinte al limite dell'immateriale mostrano l'intensità e il rigore della concezione iconica dell'artista.