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Katherine Mansfield (1888-1923), neozelandese di nascita, fu, con i suoi limpidi e intensi racconti, una delle voci più originali della scena letteraria inglese tra le due guerre. Arrivata giovanissima in Inghilterra, entrò ben presto a far parte di quella fervente cerchia di artisti e intellettuali tra i quali spicca quello della sua grande contemporanea - amica e rivale - Virginia Woolf. Alla sua morte, avvenuta prematuramente all'età di trentaquattro anni, Katherine lasciò un'enorme quantità di manoscritti privati - appunti, brani diaristici, lettere non spedite, riflessioni, abbozzi di racconti, poesie e molto altro - che riempiva una cinquantina di taccuini più una quantità imprecisata di carte sparse. Da queste pagine, che seguono l'altalenare dei giorni, gli sbalzi d'umore, le passioni violente e i dolori più inconsolabili, appare la figura di una delle più virtuose scrittrici del Novecento. Una prosa, la sua, duttile e cristallina, capace di fissare, con pochissimi tratti, il ritratto di un'esistenza e i caratteri di un'umanità eterna.