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I dotti bizantini leggevano con il calamo in mano, pronti ad apporre segni di attenzione e note di commento, a correggere sviste, e - soprattutto - a trascrivere i passi che ritenevano significativi. Grazie a questa attività silenziosa e paziente di trascrizione, inscindibile dalla lettura, essi allestivano sillogi di excerpta, isolatamente o all'interno di più ampi sodalizi eruditi, cerchie colte di lettura e di studio. Le sillogi bizantine documentano non solo gli interessi di lettura degli intellettuali, ma anche il loro metodo di lavoro: consentono di accostarsi ai loro scrittoi e di osservarli mentre leggono e studiano; gettano luce sulle loro biblioteche e sulle modalità con cui organizzavano il sapere. Il codice Napoli, Biblioteca Nazionale "Vittorio Emanuele III", II C 32 trasmette forse la più ampia raccolta di excerpta compilata a Bisanzio in età paleologa. Esso è testis unicus per la maggior parte della traduzione greca dei carmina amatoria di Ovidio, oltre che per frammenti di Dionigi di Alicarnasso, Giovanni di Antiochia e Imerio.(...).