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"L'immagine di Omero come vertice del canone occidentale, inarrivabile modello e primo tra i poeti, non è mai venuta meno dall'antichità a oggi: l'assenza dei suoi scritti nel lungo iato medievale non impedì a Dante di incoronarlo sire tra i grandi autori classici. Fu anzi la sua fama di padre della poesia a facilitarne il rientro nella cultura occidentale, che avvenne molto presto e sotto i migliori auspici, quando Petrarca e Boccaccio promossero la traduzione in latino dei poemi omerici. Fu un evento fecondo di conseguenze, in primo luogo per l'insegnamento del greco. Leonzio Pilato, il traduttore, tenne il primo insegnamento pubblico di greco in Italia. E, pochi decenni dopo, il greco tornò a trarre impulso dai poemi omerici, che i dotti bizantini, scampati in Italia col loro tesoro di codici, inserirono subito nel curriculum di studi. Ma a questa vera e propria canonizzazione, che non venne mai meno a parole, non seguì nei fatti una rapida integrazione della poesia omerica nel discorso culturale umanistico. In Italia Omero si trovò a competere (...)'.