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Annoverato da Kant, con quello di felicità, tra i concetti "usurpati" di cui non si può legittimare il possesso dal semplice uso (come neppure l'uso, verrebbe da dire, dal semplice possesso), quello di destino non solo ricorre in maniera apparentemente innocua nel discorso filosofico, ma è stato oggetto nel corso della storia di saltuarie analisi. Il più delle volte, la sua trattazione è stata inglobata con esito incerto nel corpo della riflessione dai filosofi, i quali ne hanno modellato il contorno secondo le esigenze culturali del proprio tempo o lo hanno legato a più stretti interessi speculativi. È questo il caso degli autori trattati in questo libro: non tutti appartenenti alla stessa generazione, ma accomunati da legami più o meno evidenti, in una delle stagioni più intense della storia del pensiero, a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, in cui avvenne la tormentata gestazione dell'idealismo classico tedesco.