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Tra il 1956 e il 1973 l'industria italiana della raffinazione petrolifera arrivò a meritarsi l'epiteto di "raffineria d'Europa". Il volume fornisce una ricostruzione delle vicende poco studiate di un settore fondamentale per lo sviluppo economico italiano degli anni Cinquanta e Sessanta, documentandone l'evoluzione in un contesto di transizione energetica. Con l'aumento del peso dei derivati del petrolio sui consumi energetici del Paese emersero inoltre contrasti tra il petrolifero e la maggior parte dell'industria italiana: se, da un lato, le imprese manifatturiere erano interessate alla riduzione dei costi energetici, dall'altro l'industria petrolifera cercava di vendere le proprie merci ai massimi prezzi possibili. Queste tensioni, osservate a partire dalle scelte governative che tesero ad assecondare la crescita generale della manifattura, si risolsero spesso nella sconfitta dell'industria della raffinazione. A indebolire ulteriormente il settore nei confronti della pubblica amministrazione concorsero nel tempo la presenza di un'impresa di Stato quale l'Eni, intenta a ritagliarsi una quota del mercato petrolifero, e l'esistenza di numerose aziende raffinatrici indipendenti. Tale frammentazione rappresentò un vantaggio per gli industriali impegnati a confrontarsi con la forza-lavoro sindacalizzata. Sia durante gli anni Cinquanta sia nel corso delle lotte dell'Autunno, i lavoratori petroliferi non furono infatti in grado di superare una situazione caratterizzata dalla presenza di molteplici contratti collettivi, che indebolì l'azione sindacale a vantaggio della controparte industriale.