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Dal diciannovesimo secolo fino a oggi, mentre fervevano i dibattiti sulla validità della religione nel mondo moderno, i buddhisti e i simpatizzanti del buddhismo, orientali e occidentali, proclamavano che il buddhismo, solo tra le religioni del mondo, era compatibile con le più recenti scoperte scientifiche, e quindi andava considerato il credo spirituale d'elezione per l'uomo colto e razionale. Via via che la scienza diffondeva le scoperte più rivoluzionarie sulla fisica quantistica, la teoria del big bang, la vera natura della materia, quelle stesse teorie venivano rintracciate negli insegnamenti di Gautama Buddha, un asceta indiano vissuto nell'età del ferro che, senza telescopi o microscopi, aveva intuito esattamente le stesse cose anticipando la scienza di ben duemilacinquecento anni. In "Buddhismo e scienza" Lopez non si concentra tanto sul valutare la validità di tali asserzioni, quanto sull'esplorare come e perché queste due chiavi di lettura dell'universo interiore ed esteriore, apparentemente incompatibili tra loro, siano state così persistentemente associate. Il risultato è un viaggio affascinante sull'origine, gli sviluppi e le funzioni storiche dell'idea della 'scientificità' del buddhismo, a partire dai dibattiti tra buddhisti e missionari cristiani sulla cosmologia occidentale e orientale fino alle ricerche contemporanee delle neuroscienze sulla meditazione.