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Nel 1950 la Cina occupa la prima città tibetana e inizia la costruzione di strade che renderanno veloce l'avanzata delle truppe fino a Lhasa. I tibetani, divisi da lotte interne, si lasciano ingannare dall'apparente cortesia dei cinesi e non reagiscono immediatamente al pericolo. Sono i soliti khampa, dicono, banditi che non sanno negoziare, a creare i disordini politici. Poi il protettorato cinese lascia cadere la maschera e i tibetani si danno alla fuga, cercando riparo in India e in Nepal. Ecco in breve gli eventi politici su cui si intesse la trama dell'autobiografia di Chagdud Tulku, uno dei massimi esponenti dello dzogchen, nato nel Kham (Tibet orientale) nel 1930 e costretto all'esilio nel 1959. Una storia straordinaria, che presenta molte chiavi di lettura: è un avvincente libro d'avventura, ricco di episodi divertenti e di colpi di scena; è una testimonianza diretta dell'agonia di una civiltà rimasta fino ad allora congelata in una teocrazia fuori dal tempo, un mondo sciamanico in cui ogni scelta umana era subordinata a predizioni, esperienze visionarie e incantesimi. Ancora, è un viaggio interiore, spirituale; un insegnamento su come raggiungere la prospettiva della verità assoluta nel bel mezzo dell'incertezza della vita.