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Un fiore irradia il suo splendore latteo nel campo scuro di un cerchio perfetto: non è opera di un artista, ma di una paziente cinquantenne di Jung, che prima di entrare in analisi ignorava di essere così brava a maneggiare matita, pennelli e colori. La figura è l'ultima di ventiquattro sontuose forme mandaliche dipinte dalla "signora X" e qui riprodotte. Queste immagini testimoniano di mutamenti profondi percepiti con "l'occhio rivolto all'interno" e ancora incompresi da chi li vive. Nella prospettiva junghiana esposta, al consueto, con limpidezza e profusione di raccordi storico-religiosi e alchemici - aiutano a integrare nella coscienza molti contenuti inconsci, illustrando la presenza di una pulsione universale, l'individuazione, colta negli stadi iniziali del processo che vi presiede. Mentre ribadisce la base empirica, e non speculativa, di nozioni fondamentali della psicologia analitica, corroborate in decenni di pratica psicoterapeutica, Jung confessa di avere già sperimentato per sé lo stesso metodo pittorico della paziente: "confermo che si possono dipingere figure effettivamente complesse senza avere la minima idea del loro contenuto reale. Mentre la si dipinge, l'immagine sembra svilupparsi da sé, spesso in contrapposizione con l'intenzione cosciente". Adesso, dopo che il mondo ha finalmente conosciuto quali meraviglie d'arte e di pensiero teneva in serbo il suo "Libro rosso2, sappiamo a che cosa alludesse.