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In un libro che avrebbe fatto la delizia di Teofrasto, tanto ricca è la documentazione aneddotica che la sostanzia, Kris e Kurz si mettono sulle tracce dei caratteri genetici e determinativi della figura dell'artista, non solo nella civiltà occidentale, trovando nelle varie epoche e paesi consonanze sorprendenti. Campo d'indagine e banco di prova dell'analisi è appunto la tradizione aneddotica, che per l'Occidente risale almeno a Duride di Samo, discepolo di Teofrasto, e scende fino alle grandi raccolte biografiche settecentesche. Una tradizione che - mostrano gli autori - si svolge intorno ad alcuni poli fondamentali, ove si tendono a mettere in luce ben determinati aspetti della vita e della personalità dell'artista: umile origine, intervento di un caso fortunato, autodidattismo nativo, estro incontenibile. L'artista è anzitutto un "enfant prodige" baciato dalla sorte, estraneo ma innalzato dal basso al sommo della piramide sociale. E la sua è la vita bizzarra, trasgressiva di un bizzoso: che sceglie a volte la miseria, e a volte è adulato dai potenti; dipinge assorto nelle città assediate e s'immerge in zuffe coi rivali, in beffe al pubblico; è geloso delle sue opere e per un nulla le distrugge; lavora con foga incredibile, come Tintoretto, o si adagia nella contemplazione, come Leonardo. Insomma, la vita di un personaggio da leggenda che, nella varietà e imprevedibilità delle sue reazioni, racchiude e cristallizza il mistero di quella particolarissima forma di magia che è la creazione d'immagini.