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Con il saggio "Verso un più nuovo Laocoonte", apparso nel 1940 sulle pagine della «Partisan Review», Clement Greenberg pone le basi di un discorso critico che troverà nel formalismo la sua chiave di volta. Benché molto nota, soprattutto per il suo valore fondativo di un'estetica modernista, l'opera non ha tuttavia ricevuto l'attenzione che meritava ed è stata per lo più considerata come un momento di transizione nel percorso teorico del critico statunitense. Attraverso il confronto con la ricca corrispondenza con Harold Lazarus e l'analisi del fondo documentario dell'archivio Greenberg, il presente saggio ne ripropone un'attenta rilettura che parte da una ricostruzione complessiva dei fondamentali anni di formazione del giovane critico: dall'esperienza politica maturata a contatto con gli ambienti intellettuali del Greenwich Village, al nascente interesse per la pittura astratta, fino alla svolta che lo avvicina al trockismo della redazione della «Partisan Review». Grazie ad un approccio che accosta il rigore della filologia alle risorse metodologiche della critica genetica, il laboratorio del pensiero greenberghiano appare qui in tutta la sua complessità.