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«Nato troppo tardi per conoscere la guerra, troppo presto per dimenticarla». Così, nella prima pagina di "Les origines" - unico récit "autobiografico" dell'autore, nato ad Amsterdam nel 1941 da famiglia tedesca - Reiner Schürmann ricapitola l'ineluttabilità della distretta epocale tra appartenenza ed espropriazione in cui si trova, ab origine, l'"io" che nel suo libro si racconta. È narrata qui in uno stile elegante e mai lezioso - sempre spietatamente lucido nello smuovere quel rimosso che è, per la coscienza occidentale, lo scandalo della Germania nazista - l'erranza pellegrinale di una singolarità che si fa punto d'incidenza, e di dissidio istoriale, tra ricordo personale e memoria collettiva della catastrofe. Resoconto in forma di fuga, di una (im)possibile "fuga" del sé da sé, Le origini aprono la superficie d'iscrizione di quell'itineranza geografica - tra Europa, Israele e Stati Uniti - attraverso cui Schürmann tenta di fare i conti con la colpa e l'orrore di un passato dei padri, e della patria, che non cessano di ritornare. Un passato principiale, mai del tutto passato, che in quanto arché - in quanto origine cominciante e comandante - lo ossessionerà per tutta la vita.