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"Caterina Medici di Brono" è un romanzo di Achille Mauri uscito a puntate sull'Indicatore lombardo nel 1829 e poi nel 1831 in volume a Livorno. L'autore descrive la vita di Caterina rendendola un'eroina da romanzo, le cui vicende si intrecciano con la storia di Milano. Nella realtà fu una serva che, prima, ebbe due figlie dal capitano Squarciafico presso cui lavorava, e poi nel 1613 lavorò presso il capitano Vacallo, dalla cui casa fu cacciata perché accusata di aver compiuto un maleficio ai danni del padrone. La fama di strega la seguì e, quando, nel 1616 andò a servizio presso il senatore Luigi Melzi d'Eril, fu accusata di aver causato dei misteriosi mal di stomaco al senatore con alcuni malefici. Nel 1617, dopo essere stata torturata, fu impiccata e bruciata in piazza Vetra. La sua storia è documentata da un riassunto del processo trovato nell'archivio di famiglia Melzi d'Eril. Fu Pietro Custodi ad inserire nella Storia di Milano del conte Pietro Verri, che andava portando a termine una digressione sulla storia di Caterina Medici. Mauri intendeva inserire il suo romanzo storico nel solco delle ricerche verriane e manzoniane sui processi agli untori, contribuendo a raccontare la Milano del primo Seicento e a denunciarne le ingiustizie. Nel Novecento si è occupato della storia di Caterina anche Leonardo Sciascia con il suo La strega e il capitano, facendo luce su qualche punto poco chiaro della vicenda. Mauri intendeva inserire il suo romanzo storico nel solco delle ricerche verriane delle Osservazioni sulla tortura e manzoniane della Storia della colonna infame, contribuendo a raccontare la Milano del Seicento e a denunciarne le ingiustizie, in questo caso in tema di processi per stregoneria.