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Bernard Berenson (1865-1959), il celebre storico dell'arte e connoisseur americano che trascorse gran parte della sua vita a Firenze e in particolare a Villa I Tatti, nonostante non fosse altrettanto esperto in arte islamica, acquistò per la sua collezione diversi manoscritti e miniature persiani, oltre a tappeti, ceramiche e opere in bronzo. Mentre la sua collezione di arte italiana è stata studiata approfonditamente - il più recente catalogo è stato pubblicato da Officina Libraria nel 2015-, la sua collezione di manoscritti islamici non era ancora stata studiata a fondo. Il volume affronta inizialmente come Berenson acquisì i suoi manoscritti e miniature persiani e come la sua rete di amicizie servì a questo scopo. Un secondo saggio è dedicato alla storia del gusto per i manoscritti persiani agli inizi del secolo scorso, un fenomeno di portata europea che ebbe il suo epicentro a Parigi. I saggi restanti sono dedicati alle singole opere disposte in ordine cronologico. Per i manoscritti si comincia l'Al-Ras?'il (Antologia) del principe Baysunghur (Herat, Afghanistan, periodo timuride, 1427), una raccolta di sette trattati persiani su aspetti della vita di corte (il più sorprendente riguarda una disputa filosofica tra le personificazioni del gioco degli scacchi e del backgammon). Seguono due manoscritti del periodo safavide: il Sh?hn?ma (Shiraz, Iran, 1524-76) di Firdawsi, e il Farhad e Shirin (Isfahan, Iran, inzio del XVII sec.) di Vahshi. I manoscritti, splendidamente miniati, sono studiati non solo da storici dell'arte ma anche da studiosi della letteratura persiana e da restauratori. Altri saggi sono dedicati quattro singole grandi miniature (provenienti da codici smembrati per poi vendere singolarmente le illustrazioni): si datando dal XVI al XVI secolo. Chiude il volume un'appendice - scritta da esperti restauratori - relativa agli esami tecnici e scientifici cui sono stati sottoposte tutte le opere presentate nel volume.