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Il viaggio in treno rappresenta nell'universo pirandelliano un autentico Leitmotiv. Attraversa l'intera produzione narrativa dello scrittore e segna la sua vita: «voglio pace per scrivere, e non aver sempre dei treni che partono». L'incubo della consuetudine si traduce, nei suoi personaggi, in incubo della novità, e il treno assume le sembianze di un «ferreo mostro», che trascina l'esistenza di viaggiatori disorientati e angosciati. Nello scompartimento il personaggio-viaggiatore depone la maschera e riconosce la fragilità della propria persona e la miseria della propria esistenza. Il motivo del viaggio in treno costituisce una valida chiave interpretativa della novellistica pirandelliana: se è il treno a propiziare l'estraniazione del personaggio, o comunque ad accentuarla, vuol dire che esso funge da spazio epifanico, strumento di rivelazione che consente il passaggio dal falso al vero, umoristicamente, dall'apparire all'essere. Una rivelazione in negativo, dal momento che la scoperta e il raggiungimento della propria identità (o presunta tale) porta inevitabilmente a uno stato di alienazione, di scacco, a una condizione appunto di follia.