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Oscuri, chiusi, solitari, col cappello nero e il lungo mantello avvolgente; sempre armati quando andavano nei campi e solcavano le montagne, col fucile sempre in mano, pronti all'azione in ogni momento: i briganti. Alimentavano la rivolta verso quell'ordine costituito a cui avevano giurato vendetta dopo infinite sopportazioni, per un elementare senso di giustizia e difendevano, senza ragione, la libertà e la vita dei contadini (il mondo da cui provenivano) con determinazione e una ferocia che nasceva dalla disperazione. Impavidi "rivoluzionari", ma anche sventurati, che si trovarono ad essere inconsapevoli strumenti nelle mani di quegli stessi reggenti che prima li combatterono, poi li usarono, li abbandonarono, infine li sterminarono denigrandone la memoria affinché le loro gesta non alimentassero, nelle generazioni future, fenomeni di emulazione. Le loro storie rivivono grazie al talento di Davide Manzi, a stampe e documenti dell'epoca che gettano finalmente luce su uno dei periodi storici più turbolenti d'Italia.