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Esiste uno strano, misterioso nesso fra marginalità e creatività. Il successo è solo un participio passato. È il «succeduto». Il successo si paga con l'auto-soddisfatta stasi che porta all'inaridimento interiore. Ciò che sembra, a prima vista, impotente e «fuori gioco» si rivela invece fondamentale per il rinnovamento sia personale che sociale. Le stesse epoche di decadenza, a differenza delle «fasi e culture imperiali», necessariamente coercitive, appaiono come il terreno ideale per l'immaginazione e la teorizzazione di mondi nuovi. Nello stesso tempo sono importanti le radici, da non feticizzare, ma da riconoscere come l'humus originario. L'esperienza umana fa pensare a una fiamma che si sprigiona in due sensi, verso l'alto e la luce e nello stesso tempo verso la protettiva oscurità della madre-terra.