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Chi, da bambino, vedendo un manichino nella vetrina di un qualche negozio non si sarà chiesto, sotto sotto, se anche lui ha un'anima? Intrigante quesito, nella sua apparente ingenuità, cui questo romanzo cerca di dare una risposta, facendo proprio di un gruppetto di manichini, prigionieri di un grande magazzino, i suoi veri protagonisti, i quali, assorbendo e riflettendo specularmente le alterne vicende, i drammi umani con cui si interfacciano, diventano, per sé e per gli altri, catalizzatori di una spasmodica ricerca di verità. Verità che coincide soprattutto nella tentata scoperta della propria identità, operazione questa resa tanto più complessa, quando non addirittura vana, dall'affollarsi di immagini illusorie che, dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi, hanno finito per disorientare l'umanità moderna al punto di doversi porre l'annosa domanda: Ma chi sono io? I manichini, inconsapevolmente, assumono i tratti e gli umori degli umani, avventori e commessi, con cui vengono in contatto. Ed è soprattutto di notte, quando il negozio è chiuso, che essi si sentono liberi di sciogliersi dalla fissità delle loro rispettive pose, e di dare sfogo ai loro sentimenti. Capeggiati da un vecchio manichino, che li istiga alla ribellione e alla fuga, vivono una breve stagione illudendosi che una fuga dalla realtà, e dalla prigionia esistenziale in cui ognuno di noi è rinchiuso, sia davvero possibile. La loro arma vincente: l'immaginazione; il loro obiettivo: la terra promessa. Ma questa fuga e questa lotta per la libertà non saranno prive di nuove tragedie, di nuovi soprusi, di nuove peripezie a cui pochi sopravviveranno. Il romanzo è cadenzato dal ritmo, a volte forte a volte lento, della pioggia che cade incessantemente, e che finirà per trasformarsi in una massa d'acqua di proporzioni bibliche che agirà a un tempo da forza punitrice e di riscatto.