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Quello che novembre occupa nel ciclo dei mesi è un posto particolare: è il momento in cui le ombre dell'autunno si allungano tanto sui paesaggi reali quanto su quelli interiori dell'uomo, presagio di una stagione di buio e di distacco. È il momento in cui le riflessioni su se stessi diventano più profonde e intimamente affilate, nel tentativo di soddisfare una sopraggiunta necessità di tracciare ineffabili bilanci di un percorso esistenziale. I protagonisti dei sette delicati racconti di Lidia Mingrone sono tutti molto diversi tra loro: dalla piccola Eugenia, bambina dall'intelligenza prodigiosa sulla soglia di una svolta importante, al maturo Sebastian, uomo solitario e analitico, ma improvvisamente sorpreso dalla propria fantasia; da Benny, costretto nell'immobilità nel corpo ma di estrema dinamicità nel pensiero, ad Armando, che ha attraversato quasi tutta una vita a cui ora può ripensare con serenità. Ad accomunarli, la particolare sensibilità che dispiegano nelle loro storie intense di umanità e di ascolto di se stessi e del mondo che li include e li pervade. Un senso di esiziale ineluttabilità permea le pagine di "Racconti di inizio novembre". Nell'autunno dell'esistenza, infatti, nel medesimo modo che in quello del mondo, la luce diviene via via più breve: paure, perdite, rimpianti e solitudini si affastellano. Un pensiero vertiginoso e malinconico, sì, ma proprio da esso emerge, in tutte le storie, il desiderio, anzi la necessità, brillante e incontenibile, di aderire profondamente alla vita, nelle sue complesse e sfuggevoli trame, e di esporsi senza riserva a essa. Una scrittura che non si risparmia nel trasmettere un messaggio: ogni istante di vita è un dono da assaporare.