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Cinque personaggi, due uomini, due donne e una bambina, si ritrovano in una radura nebbiosa. Non si conoscono, né ricordano la loro vita di prima, il loro nome, né come siano arrivati in quel luogo. Privi di identità iniziano a interrogarsi su tutto ciò che sta loro intorno, e attraverso le parole degli altri, come lampi di luce, si risvegliano, piano, i ricordi legati al passato. Non tutti, però, solo quelli cruciali che li hanno condotti in quel luogo misterioso. Ricostruiscono le loro esistenze attraverso il dialogo: la parola si fa epifania, manifestazione del vero. Forse li lega un filo conduttore? L'aver scelto, al bivio dell'esistenza, di imboccare una via piuttosto che un'altra? L'unica certezza è che la bambina è lì per tutti loro; con i suoi sguardi indagatori e intermittenti, sembra essere il simbolo della coscienza giudicante che è in ognuno di noi sempre attiva, anche se qualche volta pare, come lei, dormire, e lasciarci da soli, e della possibilità, dopo la comprensione dei propri errori, di una metaforica rinascita spirituale.