Tab Article
L'esperienza operaia irrompe sulla scena e già la muta. Questa si era già affacciata con le lotte nella logistica, con lo sciopero dei riders. Ora è tornata a proporsi con una forza inaspettata nella lotta di fabbrica, sul terreno che si vuole tradizionale quando non si sa intravedere, anche attraverso quella lente preziosa, un futuro diverso e possibile. La Gkn Driveline è un'impresa multinazionale che produce componenti per l'industria automobilistica e che impiega 27.500 lavoratori in 51 stabilimenti e 6 centri tecnologici in 20 Paesi. [...] La violenza antioperaia dei licenziamenti viene contrastata dal rifiuto opposto ad essa dall'unità e dalla forza dell'intera compagine lavorativa. L'intera costruzione che dà forma a un nuovo dominio dell'impresa capitalistica è messa in discussione. "Insorgiamo" è la dichiarazione operaia che avvia il conflitto e ne accompagna il corso. Essa non è un'invocazione, è la descrizione di ciò che viene intrapreso; dice del carattere della lotta, della sua matura politicità. La socializzazione della lotta la conferma e ne assume la portata. Riappare dopo tanto tempo, nelle lotte per la difesa del posto di lavoro, lo sciopero generale-territoriale. Campi Bisenzio non è confinabile in un'isola. La lotta operaia ritrova il rapporto con il territorio, coinvolge le istituzioni, gli amministratori locali. Ma, soprattutto, il collettivo di fabbrica diventa la guida della lotta e il lievito della partecipazione dei lavoratori. Un fattore essenziale e rivelatore della politicità del conflitto è costituito dalle relazioni che vengono intessute. La mobilitazione di intellettuali, artisti, personalità del mondo della cultura ha accompagnato tutta l'esperienza. Il rapporto tra la lotta sociale e l'intervento legislativo rivendicato nell'economia e nel lavoro è particolarmente significativo della lucida consapevolezza che l'ordine esistente non può considerarsi una gabbia senza via d'uscita, senza menomare la stessa possibilità di guadagnare un buon risultato alla lotta. Il rapporto con i giuristi per elaborare una legge sulle delocalizzazioni, di cui parliamo nella rivista, ne è la prova. Lo slogan "Non una legge sulle nostre teste, ma una legge scritta con le nostre teste" esprime una cultura politica che solo nel conflitto può prendere corpo e che porta con sé il seme della contestazione dell'economia fondata sul primato assoluto del profitto, il seme dell'autonomia e dell'autogoverno. La ricerca della chiave perduta può ora avvenire in un solo spazio, quello del conflitto.