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I soldati italiani che presidiavano l'isola di Cefalonia costituivano un campione rappresentativo dei loro connazionali: vi erano, infatti, fascisti e antifascisti, ma anche, e soprattutto, tanti uomini stanchi della guerra e desiderosi soltanto di tornare alle proprie case. Questa moltitudine così disomogenea si compattò nella lotta contro i tedeschi, dando origine ad un evento che gli storici hanno al tempo stesso sopravvalutato e sottovalutato. Certamente è stato sopravvalutato il numero delle vittime, spesso indicate in 9.000 uomini, cifra notevolmente ridimensionata da ricerche svolte negli ultimi anni. È stato invece sottovalutato il valore simbolico del sacrificio dei fanti della Acqui, troppo spesso analizzato attraverso le categorie convenzionali della guerra civile, inadatte a descrivere il fatto: a Cefalonia, infatti, combatterono uno a fianco all'altro uomini che in Italia si sarebbero trovati su fronti opposti. I soldati della Divisione Acqui giunsero ad un passo dal dividersi, ma scongiurarono lo scontro fratricida scoprendo nella lotta comune contro i tedeschi il modo di salvaguardare il proprio onore e quello del proprio Paese.