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L'ambiguità esperienziale della città postmoderna si riflette nell'ambivalenza postmoderna dell'estraneo, il quale ha due facce: una è seducente perché misteriosa, alletta, promette godimento senza chiedere patti di fedeltà; è la faccia delle opportunità infinite, dei piaceri mai provati, di avventure sempre nuove. L'altra faccia è altrettanto misteriosa, ma quello che traspare dalle sue fattezze è un mistero inquietante, minaccioso e intimidatorio. Queste sensazioni si coagulano nell'immagine dell'estraneo, un'immagine altrettanto contraddittoria e sfuggente delle sensazioni. Fobia e attrazione della promiscuità si combattono l'un l'altra in uno scontro che nessuna può vincere.