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Nella storia della nostra poesia, il Novecento appare il secolo in cui sono state superate e infrante diverse frontiere; mai tante voci dispiegate in così evidente contrasto hanno fatto sentire il loro appello a muse tanto inquietanti: progetti di destrutturazione e ricostruzione, accordi discordi, entusiastici fervori d'avanguardie e malinconiche nostalgie, proclami d'impegno e disimpegno, coscienza del vuoto esistenziale nell'«oblio dell'Essere» e più o meno consapevoli neoromanticismi. In quest'antologia, dove trovano spazio anche quei poeti ingiustamente considerati "minori" dalla critica, Silvio Raffo indaga tutte le aritmie del «pensiero poetante», tutte le correspondances e le dissonanze fra le varie tendenze. E lo fa con un'acribia filologica sempre accompagnata da un tono di affabile partecipazione: di poeta prima che di critico, convinto che sia necessaria la sopravvivenza di una poesia "alta", equivalente a una scienza irrinunciabile di natura carsica, invisibile agli occhi dei poteri mondani eppure essenziale alla vita dell'anima; una poesia che possa ancora difendere nel «fuoco delle controversie» il valore di quella bellezza che dovrebbe salvare il mondo.