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"La pace non abita nei nomi", eppure Nina crede che in quel suono che per puro caso le è stato assegnato alla nascita sia racchiuso il suo destino, sbagliato, ingiusto, perché lei avrebbe dovuto chiamarsi Irene. E Irene significa "pace". In questo diario, avvolgente e drammatico, la narrazione di Nina si mischia a quella del figlio, Michelangelo, ragazzo geniale ma sfigurato a causa di un incidente domestico avvenuto in precoce età: due voci che si rincorrono ma che non riescono mai a incontrarsi. Nina ripercorre la sua vita dall'infanzia, cerca di redimersi attraverso la scrittura, annota fatti e sensazioni, la sua dualità di donna divisa tra la maternità e il desiderio di essere amata, cercando di scorgere quella verità, dolorosa ma salvifica, che risiede nell'accettazione di essere unicamente ciò che siamo, al di là del bene e del male.