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Adamo Antonacci usa il verso strofico senza compiacimento e autoreferenzialità, non è un rispecchiamento compiaciuto il suo, ma è il desiderio di un cammino verso "l'eternità che fluisce dentro"; lo struggimento poetico non si spegne nella sua ispirazione compiuta in versi, ma s'illumina come gesto utopico, e quel "sovrumano sforzo di ricomporre" è la sua stessa coscienza di esistere. La nostalgia per qualcuno che non c'è più, nonostante la gravità dell'animo, la difficoltà del cuore di accettare l'ineluttabile, scivola in tenere effigi di vita quotidiana fino a sfiorare un sentimento eterno in cui il divino ha la stessa luce del "chiarore di una danza".