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Le proteste dei lavoratori dello spettacolo in piena epoca di pandemia, con i teatri occupati in Francia e Italia, manifestazioni, dai Bauli all'appello di Fedez, concerti di protesta, rimandano a una storia di conflitti e di discriminazioni che si tramandano già dai tempi della Roma Repubblicana. I lavoratori dello spettacolo, intermittenti per definizione, non godono del riconoscimento di diritti di base del lavoro. Questo volume vuol essere un "j'accuse" di fronte ad una ulteriore svolta reazionaria, contenuta anche nel PNRR, che, non solo non prevede gli investimenti necessari per tutelare i lavoratori dello spettacolo dal vivo, ma che non protegge nemmeno il Paese dalla spaventosa povertà educativa e analfabetismo culturale in cui è sempre più immerso. Ecco allora un manifesto per la cultura in 10 punti: nuova Rai riformata, una Agenzia per la diffusione culturale, investimenti per strumenti, sale prova e auditorium per scuole, nuove compagnie, bande e accademie, un nuovo sistema di welfare, contrastare la privatizzazione della cultura e il controllo feudale di potenti "boiardi di Stato", creare un nuovo esercito di "culturator" al posto di quello da riformare dei "navigator".