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Questo "viaggio" nella pandemia riguarda i più fragili fra noi: vittime designate del virus, ma anche dei pregiudizi che ne hanno accentuato l'isolamento sociale dentro le strutture (Rsa, residenze psichiatriche, per disabili) su cui il Covid-19 ha sollevato la nebbia delle coscienze, svelandone la natura di luoghi di internamento: fragili quanto le persone che vi vegetano, condannate ad essere solo corpi e non più persone. Le Rsa oggi sono sempre più grandi, organizzate con logiche imprenditoriali e finalizzate al profitto di chi vi investe (banche, industriali). Non vi si ritrova, salvo eccezioni orribili, la ferocia dei vecchi manicomi, ma l'ipocrisia di legare le persone al letto per "il loro bene" ne salda la componente di disumanità al risparmio di gestione. E, salvo esempi questa volta virtuosi, rappresentano un sistema iniquo e fragile. Come con il Covid si è visto. L'alternativa è investire il denaro pubblico nel ripartire dalle case, piccole comunità, da una rete sociale e sanitaria che ci riscopra persone e non corpi. Va valorizzata in questo percorso anche una memoria popolare che non è solo di sognatori, se lo indica anche la Chiesa di Papa Francesco, con chiarezza.