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Questo libro si interroga sul processo che ha condotto l'Italia a diventare un Paese che, a fronte delle migrazioni di uomini e donne in fuga da carestie e guerre, sembra aver smarrito i valori fondanti lo Stato di diritto e la Costituzione. Un processo di disumanizzazione dell'Altro (per il colore della pelle, perché ritenuto in competizione con i poveri fra gli autoctoni), di crescente radicalizzazione e progressivo imbarbarimento sia dei comportamenti quotidiani sia del linguaggio sui social, che ha permesso alle forze e ai movimenti di destra di legiferare sulla chiusura dei porti e sull'incriminazione dei migranti, per il solo fatto di essere tali, senza che le aree antirazziste sapessero contrapporre un'altra cultura, altrettanto forte. In un contesto in cui il sistema produttivo da un lato va a depredare risorse nei Paesi di provenienza e dall'altro rende irregolari i migranti, per poterli sfruttare nel mercato illegale e nel lavoro nero. Si propone di ridisegnare i nostri confini mentali, di cui quelli fisici sono soltanto una conseguenza, per costruire quella società plurale, aperta e solidale che è nella natura stessa del nostro essere umani.