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Critico, teorico e docente di architettura, Colin Rowe è tra le figure che hanno maggiormente influenzato il modo di studiare, pensare e fare l'architettura e l'urbanistica nella seconda metà del XX secolo. Questo libro costituisce un fondamentale contributo all'approfondimento della sua figura e alla rimessa in gioco delle principali questioni affrontate dai suoi studi: dalla composizione architettonica al rapporto tradizione/modernità, dal carattere degli edifici alla interpretazionc della città come complesso e straordinario archivio di forme e di vuoti, di oggetti e di texture. Da La matematica della villa ideale a Collage City fino a L'architettura delle buone intenzioni, gli scritti di Colin Rowe hanno costituito e costituiscono un imprescindibile terreno di confronto per chi si occupa di progetto alla scala urbana come a quella dell'edificio. Attraverso le letture multidisciplinari di progettisti, di storici dell'architettura e di urbanisti, le pagine di questo volume guidano il lettore alla comprensione del metodo di uno studioso che allievo di Wittkower al Warburg Institute prima e maestro di Stirling e mentore di Eisenman poi - indagava le ragioni formali del primo e dell'ultimo Le Corbusier attraverso Palladio e Schinkel, leggeva la città come un collage col suo sfondo e le sue figure e analizzava le architetture come testi in attesa di essere letti.