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Pier Paolo Pasolini aveva iniziato fin dal 1958 a concepire la totalità della sua opera come una "messa in scena" degli atti significativi della sua presenza nel mondo. Atti che, alla fine, sarebbero stati incrementati di senso da una Morte (la sua) dotata di una "funzione analoga a quella esercitata dal montaggio cinematografico". L'uccisione di Pasolini dunque - organizzata ritualmente da lui stesso, "regista martire per autodecisione" - è la "ripetizione" di quel "Mito di Morte-Rinascita" che è in realtà il "Rito Culturale" che egli pone a testimonianza finale del suo Manifesto per un Nuovo Teatro del 1968.