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Pasolini sviluppò precocemente il suo interesse per l'educazione dell'individuo e della collettività, individuando in quell'impegno la "missione" di civiltà della sua generazione e il mandato specifico dell'intellettuale. In un incandescente crogiuolo che fondeva la tensione etico-politica, la competenza culturale e la stessa pulsione erotica da sublimare in passione ascetica del dono maieutico, questo slancio pedagogico ebbe modo di esplicitarsi fin dagli anni friulani, quando egli animò originali pratiche di scuola alternativa e attiva, corredata anche da pionieristici esperimenti di animazione teatrale e corroborata da collaterali riflessioni teoriche. Ma anche dopo il 1949, con l'abbandono forzato dell'insegnamento a seguito dello scandalo di Ramuscello, il didatta Pasolini fu sempre in prima linea, nel fuoco di una militanza pedagogica tanto dolcemente amorosa verso il popolo e i suoi giovani figli da riscattare, quanto implacabilmente violenta contro la borghesia neocapitalistica, colpevole di aver imposto i suoi disvalori alienanti, e contro il popolo stesso che li ha accettati e si è pervertito in "massa" indifferenziata di automi incattiviti, eterodiretti, immemori della storia e della tradizione. Sull' habitus pedagogico di Pasolini e sulla sua decisiva centralità si concentra dunque questo libro, che raccoglie i contributi prodotti a Casarsa nel novembre 2013 durante il convegno organizzato sull'argomento dal Centro Studi Pier Paolo Pasolini.