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«...Il racconto - così come il ricordo - del Ritorno non è una speculazione o una predica, né tantomeno un insegnamento. Non ha un "interno" o un "esterno" al suo contenuto. Non è il portato di una morale che ammonisce o che rivela. Non è un'analisi, semmai una sintesi. Non è una astratta dissertazione, più o meno rigorosa, che non risulterebbe, peraltro, né adeguatamente argomentata, né sistematica, né, tanto meno, originale. Non è neppure il calco di una sequenza di segni e di suoni messi in fila da una lunare suggestione sotto forma di parole. Esso vuole essere solo una danza per fanciulli, alla quale sono stati aggiunti solo pochi appunti di un viaggio da intraprendere, da portare a compimento e, poi, da ricominciare ancora. E poi ancora. Per fare ritorno dentro e intorno a sé. Al di fuori della straniante e avvilente crisi in corso. La meta? Di certo una conquista semplice ed essenziale nella sua apollinea linearità. Comunque risolutiva, se autenticamente vissuta. Per ritrovarsi, alla fine, a fare i conti "solo" con un nuovo sguardo e col proprio spirito giocondo o, forse forse, con un nuovo patto tra l'uomo e la terra magari con un rinnovato focolare e col suo lume fecondo.