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Silvio Pellico descrive il dolore e la ruvidità del quotidiano di dieci interminabili anni di dura prigionia. Ma egli non cerca vendetta, bensì parla di segni d'amore che emergono dall'animo delle persone, i suoi carcerieri. Privato di tutto, trova e rinnova la sua fede in Dio, ma anche negli uomini. "Fa ch'io discerna pure negli altri qualche dote che loro m'affezioni; io accetto tutti i tormenti del carcere, ma deh, ch'io ami! deh, liberami dal tormento d'odiare i miei simili!". Il suo libro di memorie sarà uno strumento potente, che contribuirà a scardinare la granitica forza dell'Impero austriaco. Le mie prigioni, pubblicato nel 1832, racconta dieci anni di carcere duro, in sostituzione alla pena di morte. Non è un libro di denuncia a forte connotazione politica, bensì ha come filo conduttore l'importanza della fede. Un libro che ha avuto grande accoglienza per l'implicito spirito patriottico. Edizione ad alta leggibilità a grandi caratteri, elevata interlinea e rientri ripetuti.